Quando si esaminano le irregolarità gestionali che possono essere denunciate ai sensi dell’art. 2409, non si fa riferimento alle spese processuali di soccombenza (ma anche di difesa) che una società deve sopportare per effetto degli atti di amministrazione, oggetto di vaglio processuale.
Spese sacrosante, nel caso in cui la minoranza abusi delle proprie prerogative e dei propri diritti e chiami in giudizio gli amministratori e la società senza un motivo fondato, costringendo quest’ultima a difendere i propri amministratori, confidando anche – e giustamente – nel risarcimento delle spese che seguono la soccombenza.
Spese inutili invece, quando gli amministratori della maggioranza costringano i soci di minoranza a chiedere protezione giudiziale dell’interesse della società e di quelli della minoranza medesima.
La questione merita un approfondimento. Il caso concreto da cui nascono queste brevi note è presto detto: in un gruppo industriale italiano, un socio gestisce la proprietà del 51% del pacchetto azionario, condizionando l’azienda e la sua gestione, confondendo il suo interesse personale con quello sociale.
Questo comportamento, reiterato nel tempo, ha indotto una parte del capitale sociale a schierarsi contro le iniziative giudiziarie, creando così una minoranza azionaria in conflitto con la maggioranza.
La minoranza azionaria, non potendo imporsi a livello assembleare o consiliare, è costretta a rincorrere il fantasioso presidente, ricorrendo all’autorità giudiziaria e/o arbitrale, vedendo puntualmente accolte le sue doglianze.
Conseguente all’accoglimento della domanda è la condanna alle spese per la società soccombente. Condanna abbastanza importante sul piano economico, a cui vanno aggiunte le spese del difensore e, in qualche caso, quelle del consulente.
Il tutto finisce per ammontare a diverse centinaia di migliaia di euro.
Ci si chiede allora se questi esborsi integrino un caso di irregolarità gestionale, ai sensi dell’art. 2409 c.c.
Il testo della norma, come riformato nel 2003, disciplina le modalità con le quali si può attivare un controllo giudiziario sulle società per azioni, quando vi sia un fondato sospetto di irregolarità non lievi nella gestione dell’azienda.
La denuncia costituisce un presidio dell’interesse sociale (Cass. n. 30052/2011), il quale ricomprende il diritto del socio alla redditività dell’impresa (Montalenti, 2018) ma anche alla valorizzazione della partecipazione sociale (Tombari, 2019, 89).
Anche per questo si è precisato che non sono ricomprese nel novero delle gravi irregolarità quelle solo formali, anche se sono indice della gravità della condotta (Trib. Napoli, 22.6.2004; App. Torino, 29.5.2007).
Sono ricomprese invece quelle condotte in conflitto di interessi, che non osservino la normativa vigente (Trib. Milano, 8 settembre 2016).
Nel caso che stiamo esaminando, il danno per la società (e indirettamente per il valore della partecipazione sociale) è il frutto di un manifesto conflitto di interessi, che si estrinseca in operazioni societarie, organizzative o gestionali, tese a comprimere il diritto dei soci di minoranza e a realizzare un interesse extra sociale del socio di maggioranza.
Il codice di autodisciplina dell’AIdAF, l’associazione più rappresentativa delle aziende di famiglia, pubblicato nel novembre del 2017, al paragrafo 2.c.11) descrive la mancanza di indipendenza di un amministratore (e quindi il suo potenziale conflitto di interessi) “a) se direttamente o indirettamente, anche attraverso le società controllate, fiduciarie o per interposta persona, controlla la società; b) se è in grado di esercitare sulla stessa un’influenza notevole”. E’ il nostro caso.
Anche la compressione dei diritti della minoranza dunque costituisce un interesse extra sociale, se esercitato da un soggetto che, come sopra definito, controlla sia a livello azionario, che gestionale, la società, considerando che la collegialità è uno dei principi di base della convivenza societaria (Abbadessa, 1974).
Così come costituisce un interesse extra sociale assumere deliberazioni o compiere atti gestionali contrari al principio di corretta gestione.
Ne consegue che, ad avviso di chi scrive, se questo comportamento abusivo viene regolarmente corretto da sentenze o lodi arbitrali, significa che il governo societario è dannoso per l’interesse sociale.
E in questo danno può (o forse meglio: deve) essere ricompreso quello determinato dal dover rifondere importanti spese per la soccombenza giudiziale o arbitrale della medesima società.
Se questo è vero, non si deve ritenere però che il socio di minoranza che detiene una partecipazione superiore al 20% debba ricorrere all’estremo rimedio costituito dall’art. 2409 (Gianni Tantini lo definiva la bomba atomica dello strumentario conflittuale) per dolersi di questa sola grave irregolarità.
Basterà esercitare l’azione di responsabilità del socio nell’interesse della società (art. 2393 bis c.c.) nei confronti di quell’amministratore che abusa della sua partecipazione di maggioranza per perseguire i propri personali interessi.
Ma se le irregolarità sono plurime e il danno è tuttora non sanato (com’è prevedibile nel caso di un contenzioso societario rilevante) crediamo che anche le spese di soccombenza possano essere considerate und anno per il quale si legittima la denuncia ai sensi dell’art. 2409 c.c.
La questione è al vaglio di un Tribunale specializzato per le imprese particolarmente attento e preparato.
Il decreto che ne conseguirà potrà meritare probabilmente un commento.

Lamberto Lambertini

Bibliografia:
Tombari, Potere e interessi nella grande impresa azionaria, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019
Montalenti, L’interesse sociale: una sintesi, in Rivista società, 2018
Pinto, Funzioni amministrative e diritto di azionisti, Giappichelli, 2008, 103
Nazzicone, Il controllo giudiziario sulle irregolarità di gestione. Fattispecie e rito dopo la riforma societaria, Giuffrè, 2005
Domenichini, Art. 2409, in Società di capitali, Commentario a cura di Nicolini-Stagno-Dal Contres II, Iovene, 2004, 788
Abbadessa, Gestione dell’impresa nelle società per azioni, Profili organizzativi, Giuffrè, 1975, 100

Esperto di diritto societario e arbitrale.