Tra gli effetti più importanti per il diritto societario del Codice della crisi (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 375), parzialmente già in vigore, vanno annoverati il 2° co. dell’art. 2086 e l’estensione della denuncia di gravi irregolarità gestionali alle Srl (art. 2477, 7°co.).
Infatti il 2° co. dell’art. 2086, che deve ritenersi applicabile a tutte le società commerciali recita: “L’imprenditore che opera in forma societaria o collettiva ha il dovere di restituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.”
Chiunque conosca la realtà delle imprese piccole o medio/piccole sa che l’organizzazione è spesso embrionale, sia a livello amministrativo, che contabile.
In effetti, la struttura organizzativa va intesa come distribuzione dei compiti e delle mansioni nei sistemi operativi che guidano il comportamento delle persone che fanno parte della organizzazione e questo comporta la pianificazione, il controllo, l’informazione e la gestione del personale
Il concetto di adeguatezza nell’assetto organizzativo implica amministratori tecnicamente preparati, strutture amministrative affidabili, presidi e controlli costanti, per garantire risultati efficienti.
In realtà le nostre aziende, anche quelle che hanno retto durante la crisi e continuano ad ottenere risultati eccellenti, sono disorganizzate al punto da non aver organigrammi definiti e controlli efficienti. E quello che si registra a livello aziendale, si ripete a livello societario, in cui spesso l’assemblea non funziona, perché non viene chiamata a deliberare in un vero confronto tra soci e lo stesso organo amministrativo tiene le proprie riunioni sulla carta, ma non nella realtà.
Se questa è la situazione di fatto, reintrodurre la denuncia di gravi irregolarità gestionali per le Srl significa inaugurare un’autostrada per le rivendicazioni dei soci di minoranza, entrati in collisione con la gestione societaria.
L’attuale testo dell’art. 2409 c.c. si riferisce infatti a violazioni di doveri relative alla gestione della società da parte degli amministratori.
Ma oggi la riforma del 2086 li impone come precetti concreti.
E qui la debolezza della nostra Srl è quanto mai evidente.
Questo significa che la violazione dei doveri è valutata come fatto oggettivo, indipendentemente dalla diligenza o consapevolezza applicata dagli amministratori.
L’oggetto dell’irregolarità, quindi, attiene alla gestione concreta dell’impresa sociale.
E il riferimento alla gestione impone dunque di verificare l’esistenza delle irregolarità nell’esercizio non di singoli atti (o per lo meno non soltanto di singoli atti), ma dell’attività di gestione dell’impresa societaria nel suo complesso (Domenichini, Art. 2409 c.c., in Società di capitali, commentario a cura di Niccolini-Stagno-D’Alcontres, II, Iovene, 2004, 788).
Rientrano dunque tra le irregolarità non solo le violazioni di compiti specifici non attinenti alla gestione in senso stretto, ma anche l’ordinato svolgimento dei poteri tra organi della gestione.
Dunque se l’attività di gestione deve ispirarsi all’osservanza della legge e dello statuto, al rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare all’adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile adottato dalla società e al suo corretto funzionamento, poche realtà aziendali potrebbero reggere al vaglio giudiziale particolarmente intenso che la procedura ex 2409 prevede.
In realtà questi principi avrebbero dovuto trovare applicazione concreta sin dalla riforma del 2003/2004, essendo previsti dagli artt. 2381 e 2403. Sono rimasti sinora sulla carta.
Un’esemplificazione, anche breve, può essere istruttiva.
Si è affermato infatti che: “integra grave irregolarità, che legittima una denuncia al Tribunale ex art. 2409 c.c., il conflitto di interessi dell’amministratore che comporti l’invalidità o irregolarità di delibere o atti dalle quali siano derivate perdite patrimoniali” (Trib. Catanzaro,18 luglio 2016, in ilsocietario.it., 14 marzo 2017).
Pensiamo non solo alla pur diffusa “doppia contabilità” (ufficiale e non) ma anche ai benefit (chiamiamoli così) che molti imprenditori si riconoscono, per garantire l’agiatezza propria della famiglia, a scapito dei conti aziendali.
Pensiamo all’amministratore che svolga lo stesso ruolo in diverse società e ne confonda la gestione (Trib. Roma, 19.5.1983, in Le società, 1983, 1285).
Pensiamo all’amministratore che, pur essendo cessato ex lege dalla carica, continui ad esercitare i propri compiti amministrativi (Trib. Verona, 29 gennaio 1993, inedito).
Questa breve casistica sembra sufficiente per descrivere la mole di irregolarità quotidianamente riscontrabile nella vita delle nostre società medio-piccole.
Da qui la preoccupazione per quello che potrà accadere a partire dai prossimi mesi. Il controllo giudiziario, attivato dal solo sospetto di gravi irregolarità, può arrivare ad una ingerenza molto penetrante, nell’organizzazione aziendale, con la nomina dell’ispettore giudiziario.
E, quando le irregolarità siano riscontrate, il tribunale può emanare provvedimenti assai severi, per impedire il prodursi di danni derivanti da un’amministrazione irregolare, sino ad arrivare alla revoca degli amministratori e alla loro sostituzione, con un amministratore giudiziario.
Chi scrive aveva, a suo tempo, misurato gli effetti concreti di questa realtà, esaminando la giurisprudenza della Corte di Appello di Venezia dal gennaio 1986, al giugno 1992 (Lambertini, Gestione irregolare delle società di capitali e controllo giudiziale secondo la giurisprudenza veneta, con prefazione di Giovanni Tantini, Cierre Edizioni, 1993), riscontrando che l’80% delle società a responsabilità limitata a cui erano stati applicati provvedimenti rigorosi ex art. 2409 erano state successivamente dichiarate fallite.
Vi erano dunque motivi di opportunità, oltre che giuridici, perché, prima dell’introduzione del codice della crisi, il problema dell’applicabilità dell’art. 2409 alle società a responsabilità limitata fosse oggetto di un contrasto importante in giurisprudenza, con una serie di sentenze contrastanti, sino al 2010. Data in cui è intervenuta la Cassazione (13 gennaio 2010, n. 403, in Soc., 2010, 665, con nota di Cardarelli e in Giur. It., 2010, 595 con nota critica di Weigmann) che ha dichiarato l’inapplicabilità del controllo giudiziario delle società per azioni alle Srl.
E questo si afferma anche perché l’art. 2476 co. 2°, delinea un assetto dei controlli nelle Srl da risolversi internamente e non attraverso il controllo giudiziario esterno.
Dal 2004 ad oggi dunque le nostre Srl hanno goduto di un trattamento speciale che, secondo noi, le ha protette dai rigori di un controllo giudiziale diffuso.
Certo ne hanno patito le minoranze societarie e l’applicazione puntuale delle regole statutarie e legislative, ma probabilmente si è avvantaggiata la continuità di molte imprese.
Da oggi non è più così ed il futuro conflitto tra soci viene dotato di quella che Gianni Tantini chiamava la “bomba atomica” dell’armamentario giuridico. E l’unica funzione positiva che una bomba atomica può svolgere è quella di deterrente, non concedendosi un uso intelligente di un’arma così devastante.
Esperto di diritto societario e arbitrale.